Luca Bazooka Cantagalli. Si racchiude in un nome, un cognome e un soprannome, incastonato esattamente nel mezzo, il nome del giocatore che più di tutti ha rappresentato l’essenza del volley made in Modena.

Nato a Cavriago l’8 dicembre 1965 il Bazooka è l’anello di congiunzione tra la Panini di Julio Velasco e la Daytona di Daniele Bagnoli. Cantagalli esordisce nel 1980 in serie A in maglia gialloblù e nelle dieci stagioni disputate sotto la Ghirlandina vince quattro scudetti consecutivi tra il 1985-86 e il 1988-89 oltre alla Coppa dei Campioni del 1990, a tre Coppe CEV e a quattro Coppe Italia. Passa alla Sisley Treviso dal 1990 al 1993 poi Giovanni Vandelli lo sceglie come colonna portante della nuova Modena che torna a fare impazzire il PalaPanini. Vince Luca, vince tutto dal 1993 al 98: gli scudetti 1994-95 e 1996-97, tre Coppe Campioni e tre Coppe Italia.

Nel 1996/97, anno del nostro “Sestetto dei sogni” il Bazooka è uno di quelli che non scorda la gara simbolo di Gara4 a Treviso: “Dopo quella vittoria, già in pullman al ritorno, ero assolutamente certo che avremmo vinto lo Scudetto, uno Scudetto difficilissimo contro una Sisley straordinaria, non che Modena non lo fosse intendiamoci”. Il trascinatore di quella squadra? Fabio Vullo, un leader a tutto tondo, uno che quando scendeva in campo era devastante, con una forza, una qualità e una determinazione che mettevano in crisi gli avversari e ti spingevano a dare il 110%. Fabio era diretto, anche duro, se c’era da spronare un compagno lo faceva e il risultato era un rendimento complessivo altissimo. Certo avevamo tantissima qualità, ma anche il carattere conta a quel livello”. In diagonale a Vullo c’era Juan Carlos Cuminetti: “Che giocatore, mamma mia, uno degli opposti più forti di tutti i tempi, muro, battuta, attacco, una persona di una simpatia e una dolcezza infinita, un compagno di quelli che ti restano davvero nel cuore, non l’unico certamente”. Al centro Bas Van De Goor e Andrea Giani: “Bas era in quel momento il centrale più forte del mondo, 2 metri e 09 di qualità, tecnica, tattica, una macchina perfetta dal cuore enorme. Di Giangio cosa posso dire che non è già stato detto? Era il mio compagno di stanza, c’era e c’è un grande legame, faceva bene tutto e lo faceva sempre, tutti notavano l’attacco o il muro ma nelle coperture, nelle rigiocate, in quegli aspetti che a volte si valutano meno, lui era sempre decisivo, giocatore totale, di forza e qualità straordinarie”. In posto 4 al fianco di Cantagalli, Marco Bracci: “Un combattente nato, uno che non ci stava neanche a perdere a briscola, eravamo diversi ma complementari, aveva una tecnica e un temperamento che lo rendevano davvero unico”. Quel sestetto è il più forte di tutti quelli in cui hai giocato? “Era di una forza assoluta, ma non si possono fare paragoni con altre squadre o altri giocatori, per esempio gente come Quiroga o Bernardi come possono essere lasciati fuori da un sestetto ideale?